Sopprimere la distanza

Ciò che può emergere dall'evento di Mamre è il significato di «prossimità» e con questo il suo opposto, il significato di «lontananza».

Se nella mentalità corrente è naturale considerare il legame tra i significati di «vicino» e di «prossimo», per cui il mio prossimo è «colui che mi è vicino» ma anche il «farmi prossimo a colui al quale mi avvicino», non così invece è la relazione che intercorre tra il significato di prossimità e quello di lontananza.

La prossimità dice qualcosa di molto più profondo, ossia ci parla di quell'«essere-per-l'altro» che porta a renderci partecipi del suo vissuto. Scrive uno dei più importanti intellettuali contemporanei, Zygmunt Bauman: “La prossimità non è una brevissima distanza, [...]: è una pura soppressione della distanza”1.

La relazione con il prossimo, allora, presuppone solo vicinanza? O non sarebbe meglio parlare, come accenna Don Domenico Pezzini, di una “tensione” verso il prossimo, di “una situazione sempre instabile e in movimento”2? L’instabilità e il movimento ci conducono a una possibile esperienza di lontananza, ossia a quell’esperienza dove il prossimo verso cui mi muovo non è spazialmente vicino. Ma come possiamo sentirci prossimi all’altro nella lontananza?

Ebbene, come la durata del tempo si può pensare su due livelli differenti, quello del tempo oggettivo e quello del tempo soggettivo3, similmente si può pensare anche lo spazio e dunque la distanza. Così posso non sentire come mio prossimo colui che mi è accanto, ma all’opposto, posso sentire prossimo colui che mi è fisicamente distante. Il significato di prossimità viene così ad assumere una maggiore ampiezza discorsiva: colui che «mi è» vicino, ma anche colui che «sento» vicino.

Dunque, possiamo comprendere la prossimità come quel sentire e accogliere la situazione dell'altro al di là della spazialità fisica. È quel vissuto di «empatia», per dirla insieme a suor Benedetta della Croce, al secolo la filosofa Edith Stein4, per il quale mi rendo conto in anticipo della situazione dell'altro e mi immedesimo pur conservando il confine della reciproca differenza.

 

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1 Z. Bauman, Le sfide dell'etica, Feltrinelli, Mi 2010, p.93.

 

2 D. Pezzini, L'Altro e gli altri, Ancora, Milano 2008, p.16.

 

3 Queste osservazioni sono state sviluppate dal filosofo francese Henri Bergson. Se il tempo oggettivo è il tempo dell’orologio, quello soggettivo è lo scorrere del tempo che ognuno sente come suo vissuto proprio.

 

4 "Mentre cerco di chiarire a me stesso lo stato d'animo nel quale l'altro si trova, questo [...] mi ha coinvolto in sé. Ora non sono più rivolto verso di lui, [...] sono al posto di questo." E. Stein, L'empatia, tr. it. di M. Nicoletti, Ed. F. Angeli, Milano 1986, p.62.